Sabato e domenica scorsa, via Indipendenza, via Ugo Bassi e via Rizzoli, le tre strade principali del centro storico di Bologna che formano la cosiddetta “T”, sono state completamente pedonalizzate: aperte a pedoni e ciclisti, e chiuse al traffico motorizzato (mezzi pubblici e taxi compresi). Un autentico avvenimento, condito con iniziative ed eventi culturali, musicali, sportivi, che ha ottenuto il gradimento di migliaia e migliaia di cittadini. Senz’altro da ripetere (con qualche aggiustamento rispetto al servizio di trasporto pubblico).
Di seguito pubblico il mio commento uscito sulla cronaca di Bologna del quotidiano la Repubblica

Una città in festa: non occorrono altre parole per descrivere la “prima” dei T-days a Bologna. Ha ragioni da vendere il sindaco Merola quando dice che il centro non è stato chiuso al traffico ma aperto ai pedoni e alle biciclette; anche al taxi-risciò a pedali che, infaticabile, ha fatto la spola tra le strade del centro, presenza quasi esotica alle nostre latitudini, ma di casa nelle città oltralpi. Orecchie al riposo dal rumore di motorini, di auto lanciate a tutta birra giù per via Indipendenza come stessero girando in un autodromo, di autobus che in direzione contraria arrancano in salita. Non è escluso che qualche strada limitrofa abbia sofferto per il traffico che vi si è riversato dalla “T”: è il rischio implicito nelle chiusure, pardon, nelle aperture parziali. Ma l’effetto prevalente è stato quello di una straordinaria trasformazione, anche sonora, delle strade del centro. I sacchetti griffati al braccio di chi camminava per la “T” facevano pensare che anche per i commercianti, non solo per i polmoni di pedoni e ciclisti, ieri sia stato un giorno di ossigeno. E chissà se questa prima giornata appiedata aiuterà a far passare il messaggio che gli affari, crisi economica in primis permettendo, non si fanno aprendo il centro alle auto, ma aprendolo ai pedoni: sono loro che passeggiando sotto i portici, guardando le vetrine, possono decidere sul momento di entrare, senza l’angoscia del “e adesso però dove metto la macchina?”. Come non pensare, quindi, a quanto tempo è passato dal referendum del 1984, quando la stragrande maggioranza dei bolognesi aveva votato a favore della pedonalizzazione del centro storico; e quanto ne è dovuto passare dall’installazione, a metà degli anni ‘90 con la Giunta Vitali, di Sirio, il sistema di controllo dei varchi d’accesso alla ZTL, copiato da altre città italiane ed europee, col paradosso che Bologna è stata l’ultima ad attivarlo, nel 2005 con Cofferati, passando per i ricorsi dell’allora senatore Berselli contrario all’attivazione e dal gran rifiuto di Guazzaloca. Fiumi di inchiostro hanno continuato a scorrere anche dopo, puntualmente, ad ogni vigilia di Natale, sulla richiesta dei commercianti del centro di spegnere Sirio. Al punto che ci è toccata persino la variante estiva, con la commissaria Cancellieri, dell’apertura alle auto nel mese di luglio.

Oggi però il clima generale sembra volgere davvero verso l’auspicata svolta ecologica promessa dal sindaco. Se penso alle, indubbiamente meno impattanti, prime “Domeniche senz’auto” che organizzai da assessora all’ambiente nel 1999, non posso non provare un pizzico di (benevola) invidia per la odierna pedonalizzazione della “T”. E da bolognese tifare perché diventi permanente.

Silvia Zamboni

Giornalista – Ambiente e Sostenibilità, Energia e Cambiamenti Climatici, Economia Circolare, Green Economy, Sharing e Digital Economy, Mobilità Sostenibile, Turismo Sostenibile, Agricoltura e Manifattura Biologica, Politiche Ambientali Europee.