VISITA AL CARCERE MINORILE DI BOLOGNA

 

Dopo l’interrogazione sulla difficile condizione delle donne detenute che ho portato nell’Aula dell’@Assemblea legislativa Regione Emilia-Romagna, il mio viaggio dentro il mondo delle carceri regionali è proseguito con una visita al carcere minorile di Bologna, con doppio ingresso in via del Pratello e de’ Marchi. Con me erano presenti il Presidente della Regione, Stefano Bonaccini, e alcuni colleghi e colleghe regionali. Questa visita istituzionale è stata organizzata per sincerarci delle condizioni dei giovani detenuti e per ascoltare proposte e richieste di operatori, agenti di polizia penitenziaria ed educatori che con grande passione e mezzi limitati operano all’interno della struttura.
Mi ha stretto il cuore, ovviamente, vedere le ombre dei giovani che si muovevano e occhieggiavano dietro le sbarre dei finestroni. Sono all’80% giovani stranieri, molti sbarcati qui come migranti non accompagnati, con alle spalle storie di vita molto precarie. Alcuni riescono a cogliere in carcere le opportunità di studio, formazione e reinserimento nella società una volta scontata la loro pena. Come avviene nell’osteria Brigata del Pratello interna al carcere ma aperta ai cittadini, dove i ragazzi, in collaborazione con l’Istituto Alberghiero di Imola, si formano come cuochi, aiuto sala e camerieri.
E’ stato molto toccante parlare con gli operatori della struttura che nonostante la situazione di sovraffollamento e le poche risorse a loro disposizione riescono con tanta abnegazione e passione a sopperire anche al limitato numero di personale.
All’interno del Carcere del Pratello non ci sono ragazze, che sono invece detenute nell’Istituto penale per minorenni di Pontremoli, una delle poche strutture destinata a minorenni femmine.
Come ho premesso, con un’interrogazione alla Giunta ho chiesto più attenzione alle condizioni di detenzione delle detenute. Secondo Associazione Antigone il fatto che le donne rappresentino una quota residuale sul totale della popolazione detenuta costituisce un problema organizzativo per le amministrazioni penitenziarie per quanto riguarda il raggruppamento delle donne che, spesso, per indisponibilità di posti subiscono l’allontanamento dai luoghi di residenza della famiglia ed eventualmente dai figli. Non solo: i numeri molto contenuti delle presenze femminili in carcere rendono più complicata l’organizzazione e la gestione di percorsi di studio, anche a causa della carenza di spazi; analogamente, negli spacci dei penitenziari non c’è disponibilità di articoli destinati ad acquirenti donne sempre a causa dello scarso numero di detenute che non rende appetibile commercialmente la fornitura di beni di consumo. In altre parole: anche in carcere prevalgono modelli organizzativi tarati su esigenze maschili.
E guarda il video con i miei commenti all’uscita dal carcere

Silvia Zamboni

Giornalista – Ambiente e Sostenibilità, Energia e Cambiamenti Climatici, Economia Circolare, Green Economy, Sharing e Digital Economy, Mobilità Sostenibile, Turismo Sostenibile, Agricoltura e Manifattura Biologica, Politiche Ambientali Europee.