STORICA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DEI DIRITTI DELL’UOMO APRE LA STRADA ALLE CAUSE LEGALI PER FERMARE IL SURRISCALDAMENTO DEL PIANETA
La sentenza emessa il 9 aprile dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è una vittoria storica per i movimenti grass roots che lottano contro il cambiamento climatico. E potrebbe innescare reazioni a catena in tutta Europa.
La causa contro la Confederazione svizzera era stata avviata dalle duemilacinquecento donne svizzere dell’associazione KlimaSeniorinnen (Anziane per il clima; età media: 73 anni) dopo che tante loro coetanee erano decedute o avevano avuto gravi problemi di salute a seguito dell’estate rovente del 2003, e dopo che numerosi e importanti studi scientifici avevano rilevato che proprio le donne anziane sono le più vulnerabili rispetto al surriscaldamento del Pianeta.
Con il supporto di Greenpeace Switzerland, l’associazione – conosciuta anche con la denominazione in inglese Senior Women for Climate Protection Switzerland (Donne Anziane per il Clima Svizzera) – aveva chiesto alla Corte Europea di obbligare la Confederazione Elvetica a intervenire a tutela dei loro diritti e ad adottare i provvedimenti legislativi e amministrativi necessari per contribuire a evitare un aumento della temperatura media globale di oltre 1,5°C, applicando a tal fine misure concrete di riduzione delle emissioni di gas serra. Cosa che il governo svizzero invece non ha fatto. Per questo la Corte ha stabilito che il mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei gas serra ha violato alcuni dei diritti umani delle ricorrenti. La sentenza potrebbe ora costringere il governo confederale svizzero a impegnarsi ad attuare misure più incisive ed efficaci.
Al di là delle ricadute che può avere sul governo elvetico, il contenuto della sentenza è storico da un altro punto di vista: per la prima volta in assoluto si è stabilito un nesso tra cambiamenti climatici e diritti umani. Un precedente giuridico importantissimo, che auspico possa incoraggiare gli attivisti ambientali di tutto il mondo – a cominciare da noi Verdi – a scegliere questo terreno di battaglia: ovvero, il contenzioso legale climatico. Se così sarà, non possiamo escludere che, dopo la sentenza del 9 aprile, parta un’ondata di cause a catena contro gli Stati inadempienti rispetto agli Accordi di Parigi sul clima del 2015, il più importante accordo internazionale sulla riduzione delle emissioni di gas serra.
Con la consapevolezza però che in questo contesto non mancano battute di arresto. Il grande risultato ottenuto da Klima Seniorinnen non è stato replicato, ad esempio, dal ricorso presentato da sei ragazzi portoghesi nei confronti di 32 Stati europei (i 27 della Ue più Norvegia, Svizzera, Russia, Gran Bretagna e Turchia), accusati di non fare abbastanza per ridurre le emissioni climalteranti. I giovanissimi, tra i 10 e 23 anni, avevano avviato la causa legale nel giugno 2017 a seguito di un incendio che aveva devastato il bosco di Pedrógrão Grande provocando la morte di 64 persone, incendio del quale avevano addossato la responsabilità agli Stati accusati di non aver mantenuto gli impegni presi sottoscrivendo gli Accordi di Parigi del 2015.
Respinto anche il ricorso dell’ex sindaco del paese transalpino Grande-Synthe, che ha accusato la Francia di non adottare misure sufficienti per limitare il riscaldamento globale.
Come si vede, non è fatta di soli successi la strada della lotta per vie legali per imporre agli Stati di attuare gli Accordi di Parigi, in modo da fermare la corsa del surriscaldamento del Pianeta.
La sentenza del 9 aprile resta però una pietra miliare che potrebbe generare altri ricorsi e altre vittorie.
Ph credits: Miriam Kuenzli

Silvia Zamboni

Giornalista – Ambiente e Sostenibilità, Energia e Cambiamenti Climatici, Economia Circolare, Green Economy, Sharing e Digital Economy, Mobilità Sostenibile, Turismo Sostenibile, Agricoltura e Manifattura Biologica, Politiche Ambientali Europee.