EMERGENZA CLIMA ED EVENTI METEO ESTREMI: ANCHE DA NOI SFOLLATI CLIMATICI. SEMPRE PIÙ ITALIANI PREOCCUPATI

Nell’ultimo decennio la crisi climatica e gli eventi meteo estremi hanno provocato nel mondo in media 21,5 milioni di nuovi sfollati all’anno, più del doppio di quelli causati da conflitti e violenze. Ne ho parlato qualche mese fa https://www.silviazamboni.it/disastri-climatici-milioni-di-vittime-allanno-mentre-lindustria-fossile-aumenta-i-profitti/

Si pensava che gli sfollati ambientali fossero un fenomeno solo dei paesi più poveri del mondo. La recente alluvione in Emilia-Romagna, le case invase da acqua e fango, le palestre attrezzate come dormitori, dovrebbe però avere aperto gli occhi a chi ancora si ostina a negare l’evidenza: la campana del cambiamento climatico ha suonato forte anche qua. Dopo le estati torride e siccitose degli ultimi anni, con le trombe d’aria che spazzavano via ombrelloni e sdrai, da inizio maggio sono state le piogge torrenziali a portare devastazione: case, città, imprese e campi allagati dai fiumi in piena, col seguito non meno drammatico di frane e smottamenti.

Nel Rapporto di ISPRA sul dissesto idrogeologico, relativo al 2021, l’Emilia-Romagna è classificata come la regione più a rischio alluvioni in Italia dopo la Calabria. La superficie ad alto rischio di pericolosità idraulica è pari all’11,6% della superficie totale, mentre le aree esposte a rischio idraulico di media e bassa entità ammontano rispettivamente al 45,6% e al 47,3%. Anche di questo avevo già scritto sulla mia pagina FB.

A questo quadro di vulnerabilità idrogeologica si aggiunge l’intensificarsi dei fenomeni estremi. Da quanto emerge dal report di CittàClima – l’Osservatorio nazionale di Legambiente che monitora l’impatto dei cambiamenti climatici nel territorio italiano, con particolare riguardo per le aree urbane – nel 2022 sono stati 18 gli eventi estremi che hanno colpito l’Emilia-Romagna, il numero più alto finora, in un trend in costante crescita https://cittaclima.it/

Ma è tutta l’Italia a essere esposta all’accelerazione degli eventi meteo estremi: con 310 fenomeni che hanno provocato danni da nord a sud  del Paese, il 2022 ha segnato un +55% rispetto all’anno precedente. E a giudicare dai primi mesi appena trascorsi, anche il 2023 non pare essere da meno.

In un contesto così stabilmente a rischio, ci si aspetterebbe che l’Italia si fosse già dotata di un Piano nazionale di Adattamento al Cambiamento climatico operativo e finanziato. Non è così. I Paesi europei che hanno adottato un piano nazionale o settoriale di adattamento al global climate change  sono 24. Tra questi, spicca l’assenza del nostro Paese che, stando ai dati disponibili da maggio 2013 a maggio 2022 e rielaborati da Legambiente, ha però speso 13,3 miliardi di euro per affrontare le emergenze meteoclimatiche, in un rapporto di quasi 1 a 4 tra risorse investite in prevenzione e risorse investite per riparare i danni.  Se per avere effetto le politiche di mitigazione, ovvero di riduzione delle emissioni climalteranti, devono essere adottate a livello mondo, per l’adattamento ci si può e ci si deve regolare autonomamente con piani locali e nazionali.

L’Italia, invece, continua a rincorrere le emergenze senza darsi una strategia chiara di prevenzione, supportata da risorse adeguate. E  senza porre fine a pratiche dannose e pericolose come l’eccessivo consumo di suolo, i mini e maxi condoni edilizi, la mancata cura e manutenzione degli habitat naturali, la compressione degli alvei fluviali, e l’emissione di gas climalteranti, all’origine del riscaldamento globale. Tutto a spese delle persone e dei territori che ogni anno sono costretti a pagarne le conseguenze.

Il segnale positivo viene proprio dall’aumentata consapevolezza dei cittadini sulla gravità della crisi climatica. Dai dati diffusi oggi dall’ISTAT risulta infatti che nel 2022 i cambiamenti climatici si confermano al primo posto tra le preoccupazioni per l’ambiente degli italiani: così si esprime oltre la metà della popolazione di 14 anni e più (56,7%). Seguono i problemi legati all’inquinamento dell’aria, avvertiti dal 50,2%. Al terzo posto, si colloca la preoccupazione per lo smaltimento e la produzione dei rifiuti(40,0% delle persone di 14 anni e più). L’inquinamento delle acque (38,1%), l’effetto serra e il buco nell’ozono (37,6%) sono percepiti come ulteriori fattori di rischio ambientale a livello globale. Una quota ristretta di persone (circa 1 su 10) teme l’inquinamento elettromagnetico, le conseguenze del rumore sulla salute e la rovina del paesaggio. L’attenzione della popolazione per la crisi ambientale aumenta in misura decisa dal 2019 (70% di cittadini preoccupati), l’anno caratterizzato dal diffondersi in tutto il mondo dei movimenti di protesta studenteschi ispirati ai “Fridays For Future” di Greta Thunberg. Il timore per i cambiamenti climatici nel 1998 riguardava solo il 36,0% degli italiani.

Silvia Zamboni

Giornalista – Ambiente e Sostenibilità, Energia e Cambiamenti Climatici, Economia Circolare, Green Economy, Sharing e Digital Economy, Mobilità Sostenibile, Turismo Sostenibile, Agricoltura e Manifattura Biologica, Politiche Ambientali Europee.